Pagina:Beltrami - La facciata del nostro duomo, 1883.pdf/21

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NOTE


(a) Il critico della Perseveranza, parlando del tiburio, osserva come nelle Cattedrali gotiche la massa edilizia vuol essere portata per intero sulla fronte, a detrimento della elevazione sul nodo di croce, in contraddizione colla forma tipica delle costruzioni italiane, così del lombardo come del rinascimento; questa dichiarazione tende quindi ad accreditare, o per lo meno a riconoscere il particolare carattere della elevazione sul nodo di croce nel caso del nostro Duomo: partito originalissimo, rispetto allo stile del monumento, vagheggiato fin dai primi tempi della costruzione, poichè già vi si annetteva grande importanza all’epoca del Mignoto, e cioè all’alba del quattrocento, allorchè i maestri italiani, come osserva il Boito, s’incalorivano nel difendere i sostegni del futuro tiburio, con le sue quattro torri, il quale tiburio sarà, come Domeneddio in paradiso, sedente in trono in mezzo ai quattro evangelisti; partito che per tutto quel secolo fu oggetto di grande interesse, cosicchè vediamo che mentre se ne studiava la costruzione, Gian Galeazzo Maria Sforza ne era preoccupato al punto da invocare l’aiuto di un ingegnere di Strasburgo, dicendo che il tiburio sarà cosa stupendissima, unde saria eterno vilipendio se dopo fornito ce occorresse alcuno manchamento. E intanto non si discorreva delle torri le quali come osserva ancora il Boito, rimasero nel cervello del diavolo. Dato questa importanza particolare del tiburio, non comprendiamo come il critico della Perseveranza possa rimanere partigiano ostinato dello torri, mentre egli stesso deve riconoscere quanto questo principio cardinale delle costruzioni acute d’oltr’Alpe trovasi compromesso nel nostro Duomo coll’innalzamento della cu-