Pagina:Chiarini - Dalle novelle di Canterbury, 1897.djvu/153

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80 novella del cavaliere.

dalla rabbia non poté piú a lungo restar nascosto. Appena udito il racconto di Arcita, come un pazzo, e pallido come un morto, saltò fuori dal folto cespuglio che lo nascondeva, dicendo: “Ah! falso Arcita, falso e malvagio traditore, finalmente ti ho còlto, te che pretendi di amare tanto la donna mia; colei per la quale io soffro tutte queste pene e questi affanni. E dire che tu sei del mio sangue! che avevi giurato, come spesso ti ho ripetuto, di aiutarmi coi tuoi consigli! In questo modo, dunque, hai ingannato Teseo, cambiandoti il nome? S’io non cadrò morto, tu dovrai quì stesso morire. Tu non amerai la mia Emilia; io solo l’amerò, e nessun altro, poiché sono (come tu vedi) Palemone, il tuo mortale nemico.

E sebbene quì non abbia la mia sciabola, essendo fuggito per un caso di prigione, io non ti temo affatto; e tu dovrai o morire, o rinunziare all’amore di Emilia. Scegli, dunque, ciò che ti piace di piú, poichè non c’è per te altro scampo.„

Arcita allora fuori di sé dalla rabbia, appena l’ebbe riconosciuto udendo quelle pa-