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140 storia della decadenza

lo addestravano a lanciare il dardo, ed a tirar l’arco, trovavano in lui un attento scolare, il quale uguagliò ben presto i suoi più abili maestri nella giustezza della mira e nella destrezza della mano.

I vili cortigiani, la cui fortuna dipendeva dai vizj dei loro Sovrani, applaudivano a questi ignobili esercizj. La perfida voce dell’adulazione gli rammentava che con simili imprese, con l’uccisione del leone Nemeo e del cignal d’Erimanto, l’Ercole dei Greci avea meritato un posto tra gli Dei ed una immortal memoria tra gli uomini. Si scordavano solamente di fargli osservare, che ne’ primi tempi delle società, quando i più fieri animali contrastano spesso all’uomo il possesso di un inculto paese, una guerra terminata felicemente contro questi nemici è la più innocente è la più utile impresa dell’eroismo. Quando il romano Impero fu ridotto a civiltà, da gran tempo s’erano già le fiere allontanate dall’aspetto degli uomini, e dai contorni delle popolate città. Il sorprenderle nei loro solitarj covili, e trasportarle a Roma, acciocchè fossero uccise solennemente dalla mano d’un Imperatore, era impresa ugualmente ridicola pel Sovrano1, che gravosa pel popolo. Ignaro Commodo di tai differenze, abbracciò avidamente la gloriosa rassomiglianza, e prese da se stesso, come leggiamo ancora nelle medaglie, il nome

  1. I leoni affricani, spinti dalla fame, infestavano impunemente gli aperti villaggi o la coltivata campagna. Questa fiera reale era riservata pei piaceri dell’Imperatore e della capitale; e lo sventurato agricoltore, che anche per difendersi ne uccidesse alcuna, era punito. La quale crudele Legge di caccia fu mitigata da Onorio, e finalmente abolita da Giustiniano, Codex Theodos. tom. V p. 92. Comment. Gothofred.