Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/90

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Narsete.   Egli è senz’occhi.

Antonia. Senz’occhi l’idol mio? Senz’occhi quello...
Ma che, folle, mi perdo in vani sensi?
Belisario dov’è? Guidami a lui.
Per li numi del ciel io te ne priego.
Narsete. Compiacerti vorrei; ma temo, Antonia,
Che il mirarlo ti uccida.
Antonia.   È forse morte
Il maggiore de’ mali? E che altro brama
Che accelerata morte un disperato?
Guidami ad esso, o che senz’altra scorta
Lo troverà nell’empia reggia il core. (parte
Narsete. Tenerezza d’amor, quanto sei grande!
Vo’ seguir l’infelice, acciò non pera. (parte

SCENA IV.

Belisario cieco.

Misero Belisario! Eccoti al fine

Nelle pupille e più nell’alma offeso.
Dura pena mi fia l’esser senz’occhi,
Ma la fama perduta è un maggior danno.
Ah! foss’io stato cieco, allorchè il fato
Guidomm’in corte, che l’invidia altrui
Reso infelice non m’avria cotanto!
Perfida Teodora! A tanto eccesso
La sfrenata passion d’amor, di sdegno
T’hanno guidata! Ti spiacea cotanto
Della mia Antonia l’innocente affetto?
Ma dov’è l’idol mio? Dov’è la sposa?
Dato mi fosse almen solo una volta
D’udirla ancor, pria di finir mia vita.
Ma non v’è chi m’ascolti? Ove son io?
Quivi pur mi condusse un de’ ministri,