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di frate guittone d’arezzo 127


     Laida e dannosa in corpo è malatia,
schifare cibi degni utili e boni
e dilettar carboni,
e piú molto voler sé ’nnaverare.
60E quale ciò non disvoler vorria?
Nullo giá, se non fusse al tutto stolto.
Quanto piú, quanto molto
di folle amore amar dea disamare,
poi, quanto offende piú, piú odiosa
65dea star catuna cosa.
Quanto piú di corpo anima vale,
tanto piú grav’è in essa onne nocenza.
Anima a corpo è maggio
no è a bestia omo non saggio:
70da bestial parva a bestia ha diferenza.
E non giá te, omo, solo alma tolle
esto amor tuo folle,
ma bono onne tuo; dico
poder, corpo e amico,
75vertute, sapienza,
Dio, ragione e tee.
E ciò dá tutto in chee?
In vil noiosa gioi brutta carnale.
Sempre odia om sé corale,
80che segue in carne vil brutta voglienza.
     Desconverrea non poco a banchero bono
vetro alcun comprare libra d’argento;
e non piú, per un cento,
suo, sé e Dio dare in via piggiore?
85Vetro el piú vile pur vale in caso alcono;
voler quel brutto, il qual folle amor chere,
con mal molto tenere,
disvalora e ontisce onne valore.
Oh, che pur brutti vizi esto bruttasse!
90Ma bruttare non po brutti bruttezza:
donne, cavaleri, cherci, baroni