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la poesia epica in roma 213

antico e fedele a norme e leggi non mai prima così note come allora, e l’altra di essere nuovo e tale apparire a chi sapeva l’antico come prima d’allora nessuno, sprizza spesso una scintilla: la poesia; poesia, che meraviglia più che non appaghi, che suona da fuori più che non echeggi da dentro; che trova e non scopre1.

II.

Noi troviamo la storia antica di Roma piena di leggende eroiche, di oimai. Chi le aveva portate nei colli a cavaliere del Tevere? Erano stati marinai, che prima le avevano narrate nelle più antiche città del litorale tirreno, donde erano passate nella più giovane e più potente Roma? Par certo. Ma forse alcune erano venute coi plaustri lenti, nel grande viaggio delle tribù Arye dall’Asia; e poi si riscontrarono con quelle, che tornavano loro dal mare, modificate, abbellite, le stesse e pur altre, e talora non si ravvisavano e talora sl. Per esempio, come ebbero i Latini la loro Helena? di prima o di seconda mano? Non si può dire; ma l’ebbero, e con varii nomi e successi. Si chiamava Lavinia o Launa; in Lavinio, città presso il litorale. Era figlia di Giove anch’essa, come Helena: del Iuppiter Latiaris, che in forma umana era detto Latinus2; ma un giorno

  1. Dell’arte epica e specialmente Alessandrina si farà parola nel volume secondo dell’Epos, che comprende appunto gli epici romani che trassero l’ispirazione principalmente dagli Alessandrini. In questo volume volli dare un’idea; inadeguata pur troppo, come introduzione alla poesia epica latina che ha bensì riflessa la luce, per così dire, ma proprio e nativo il calore; un’idea sola, dell’epos eroico che nasce spontaneo.
  2. Festo.