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la poesia epica in roma 231

di dei, cominciando dalla Musa che diventa Camena. Gli altri sono: Moneta per Mnemosyne, Morta per Moira, Saturnus per Cronos, Mercurius per Hermes, Latona per Leto1. Che questi adattamenti Livio trovasse già, può argomentarsi dal fatto che altri forse già c’erano, de’ quali non pare che egli profittasse, come Cocles per Cyclops, Telamon per Atlas, Marica per Circa2. In ciò è tuttavia un argomento nuovo, che egli scriveva per il popolo, non per discepoli. Nè forse egli conservò così il tono e il carattere del testo, che la sua non paresse piuttosto un’opera nativa, più simile alle naeniae o laudes o come si vogliano chiamare, latine, che al poema greco. Vediamo invero nei pochi frammenti rimasti una tal quale fedeltà anche nei particolari (non si parli di qualche abbaglio, come nel fr. xxxii); ma possiamo credere che l’Odissia fosse nella sua riduzione un libro solo. Due volte, da Prisciano, si cita una divisione: il I odissiae, nel riportare il frammento v, verso secondo e il VI (o VII, ma l’indicazione è, certo, errata a ogni modo) nel riferire il xxv. E l’aria tutta paesana e popolare dell’opera, si conferma dal fatto che fu adoperata nelle scuole3, per insegnare a leggere e scrivere ai bimbi; dal fatto che Orazio ne parla come di carmina, e di lui come di scriptor4: le quali parole, in quel contesto, disterminano chiara-

  1. Vedi fr. i, xxiv, vii, ii, xxii.
  2. Vedi fr. xxxvii (nota), xiv (cf. Naevius fr. vii, nota al 2), xxviii (cf. Aen. vii nota al 47).
  3. Hor. Ep. II i 69 e segg.: Non equidem insector delendave carmina Livi Esse reor, memini quae plagosum mihi parvo Orbilium dictare.
  4. l. c. 62 Livi scriptoris ab aevo.