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terni Prega; e pur di te dicono che da Aphrodite figlia di Zeus Sei nato, e colui da inferiore divinità è; Chè l’una è da Zeus, l’altra da un marino vecchio»; e notevole è che Here mostri timore non soggiaccia al paragone Achille. Con tutto questo, la parte di Enea è così secondaria, che noi dobbiamo sospettare o che ella sia aggiunta per rispetto a una posteriore glorificazione di questo figlio di Aphrodite, o che sia appena un avanzo di più larghe narrazioni anteriori. Sopra tutto fermano il nostro pensiero le parole che dice di lui Poseidone1: «Chè già di Priamo la gente ha in odio il Cronione, E d’ora certamente di Aineias la forza sui Troiani signoreggerà E dei figli i figli, i quali poi nascano: τοί κεν μετόπισθε γένωνται». Poniamo che quest’ultima espressione, già di per sè solenne, sonasse anche più magnifica per un leggiero mutamento di lezione quale forse aveva avanti sè Vergilio, che traduce Et nati natorum et qui nascentur ab illis (ed egli nel verso antecedente leggeva forse anche πάντεσσι, non Τρώεσσι: «su tutti signoreggerà», non «sui Troiani»); poniamo questo: non sono quei tre versi la testimonianza che si cercava dagli antichissimi il regno del figlio della dea marina, dove mai avesse a essere, e non erano l’invito a cercarlo altrove che a Troia, perchè a Troia o nella Troade non era traccia di regno di Eneadi?2 Insomma, o l’aedo di quei versi sapeva che i marinai greci congiungevano in qualche modo il nome del figlio di Aphrodite alle

  1. Υ 306-8.
  2. Aen. i 97 e seg. Hic domus Aeneae cunctis (πάντεσσι) dominabitur oris Et nati natorum παίδες παίδων et qui (non τοί κεν, ma per es. οἵ τ᾽ ἄν) nascentur ab illis.