Pagina:Pisacane - Saggio sulla rivoluzione.djvu/252

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tutti si salvano, esistono solo nella mente dei dottrinanti e degli utopisti. La rivoluzione è sempre una lotta di oppressi contro una classe di oppressori. Quindi se vi sarà vittoria, vi sarà eziandio disfatta; scacciare un re dal trono non è rivoluzione; la rivoluzione si compie quando le istituzioni, gli interessi, su cui quel trono poggiava, si cangiano.

Conchiudiamo, ripetendo agli economisti le medesime loro parole: «Non si giunge, senza perdite, sulla breccia. Nè possiamo tener conto delle vittime, che il carro del progresso schiaccia nel suo corso.» Ed usando il medesimo linguaggio di Malthus diremo: «La natura ha prescritto all’uomo di lavorare per vivere; l’ozioso non ha posto nel banchetto della vita; la natura gli comanda d’andarsene, nè tarderà dare ella medesima esecuzione alla sua sentenza

XIX. La filosofia della storia prova ad evidenza, che l’umano istinto, come è sua natura, considerando la sola apparenza e l’effetto immediato delle cose, senza riflettere sulle conseguenze che ne risultano, va soggetto ad un continuo errore; quindi la pubblica educazione, che ferma l’attenzione e sviluppa il pensiero, non solo è dovuta di diritto ad ognuno, ma è il cardine principale della libertà.

Il Filangieri, col suo naturale splendore, lungamente ha ragionato di ciò; ma, suo malgrado, soggiacque ai pregiudizî ed alle opinioni dell’epoca. Egli richiede la prosperità universale come una condizione indispensabile alla felicità di uno stato. «Che può dirsi ricco e felice, egli scrive, solo quando, ogni cittadino, con un lavoro discreto di alcune ore, può comodamente supplire ai suoi bisogni ed a quelli della sua famiglia». Nell’epoca in cui visse l’autore, l’accrescimento continuo del prodotto faceva credere come cosa possibile, che la prosperità potesse un giorno non