Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/239

Da Wikisource.

209



ANNOTAZIONI

all’Egloga Duodecima.


Qui cantò Meliseo ec. Quasi tutta quest’Egloga, ch’è giustamente stimata più che tutte le altre così scritte in versi sdruccioli, è tratta dall’Egloga di Giovanni Pontano, intitolata Meliseus, nella quale quell’egregio Poeta sotto cotal nome pastorale fa che due Pastori, Cicerisco e Faburnu, narrino il dolore di lui medesimo per la morte della moglie. Amando la brevità, ometto di spiegare i nomi de’ luoghi, e de’ fiumi, che in quest’Egloga son nominati, sì perchè per la maggior parte basta il dire che son luoghi o fiumi delle vicinanze di Napoli; come perchè de’ più importanti ho già parlato altrove. Solo parmi necessario lo spiegare quelle parole: Nè grifo ebbe già mai terra Arimaspide sì crudo ec. Il paese de’ popoli detti Arimaspi era parte della Sarmazia Europea in Moscovia, che oggi comprende l’Ingria e ’l Ducato di Nowogorod e di Pleskow. Della crudeltà del Grifo, o Grifone, animale favoloso ma che nondimeno s’imaginò che colà si trovasse, ascoltiamo Plinio: Esse Scytharum genera, così egli ne riferisce nel Cap. II. del Lib. 7 della sua Storia Naturale, et quidem plura, quae corporibus humanis vescerentur, indicavimus. Id ipsum incredibile fortasse, ni cogitemus in medio orbe terrarum, ac Sicilia et Italia fuisse gentes hujus monstri, Cyclopas et Laestrygonas, et nuperrime trans Alpis hominem immolari gentium earum more solitum; quod paulum a mandendo abest. Sed et iuxta eos, qui sunt ad septentrionem versi, haud procul ab ipso aquilonis exortu specuque eius dicto, quem locum Gesclitron appellant, produntur Arimaspi, quos diximus, uno oculo in fronte media insignes: quibus adsidue bellum esse circa metalla cum grypis, ferarum volucri genere, quale vulgo traditur, eruente ex cuniculis aurum, mira cupiditate, et feris custodientibus, et Arimaspis rapientibus, multi, sed maxime inlustres Herodotus et Aristeas Proconnesius scribunt.