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sgorghi di petrolio 241

gusti recipienti, destinati ad arrestare quel vischio galleggiante. È un momento di crisi pei poveri Toccolani, a cui è affidata la guardia della sorgente. Talora lo scataroscio della pioggia avviene di notte: bisogna correre, e in mezzo ai turbini d’acqua che diluvia dal cielo ed erompe dalla terra, attendere alla difficile manovra. E non è piccola impresa questa pei meridionali, nei quali parmi d’aver notato una gran ripugnanza dell’acqua, che non è proprio di noi settentrionali, avvezzi a pigliarla sulle spalle forse per la metà dell’anno, anche nei mesi in cui meglio si bramerebbe l’asciutto. Ho detto la manovra essere difficile: e tale è veramente, eseguita con mezzi antediluviani. L’acqua deve, per gli angusti canali, sfuggir di sotto al petrolio, il quale dovrebbe restare a galla nelle vasche. Ma i muriccioli minacciano di sfiancarsi: le vasche rigurgitano: il petrolio trabocca. Poi un petrolio così denso, come quello di Tocco, è appena se galleggi: e quando abbia formato una massa grumosa, si adagia sul fondo e viene spinto dall’acqua, per le aperture di sotto, giù nell’Arollo e via con esso. In fine la è una vera tribolazione. Del petrolio si schiuma quanto si può, e se ne riempiono i poco capaci avelli: il resto se ne vada per quella via che ha seguito liberamente per tanti secoli».

«Dove se ne va?» fece la Chiarina.

«Oh bella!... dalla sorgente nel piccolo Arollo; dal piccolo Arollo nel grande; da questo nel Pescara e dal Pescara giù giù fino al mare. Un fatto da tutti attestato è questo, che il petrolio era talvolta versato in tanta copia nel Pescara, che i pesci ne morivano. Qualche anno avvenne che la pesca delle anguille, di cui il Pescara è assai fecondo, andasse interamente fallita. Dovete sapere che le anguille fanno come gli uccelli di passo. Vivono nelle acque dolci, spingendosi su pei fiumi, fino a trovare sulle maggiori altezze i laghetti alpini, quasi ai lembi delle nevi perpetue. Ma poi, venuta la stagione di deporre le ova, discendono al mare. A suo tempo veggonsi nelle acque limpide dei fiumi quasi delle nubi, che rimontano la corrente. Sono le anguille neonate, sottili come un fil di seta, che ascendono a migliaja, a milioni, e vanno a ingrossarsi nelle acque dolci. La pesca delle anguille si fa naturalmente, come la caccia degli uccelli, quando sono di passo. Guai pertanto se quella pesca coincide con uno sgorgo di petrolio».

4. Quì naturalmente l’uditorio meravigliato volle sapere come mai avvenissero quegli sgorghi.