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antico ghiacciajo nelle alpi apuane 377

al di sotto di quei limiti le grandi cime dell’Apennino. Quando uno è giunto per via di raziocinî ad una conclusione, se scopre un fatto che ne attesta la giustezza, prova, credetelo, una grande soddisfazione. Quella morena della val d’Arni mi diceva che avevo dato nel segno. Ci può essere della debolezza in questo genere di soddisfazioni; ma po’ poi è anche ragionevole il rallegrarsi quando vediamo di non aver pensato nè detto uno sproposito. Quella morena mostrava d’un tratto alla mia fantasia la catena delle Apuane tutta coperta di nevi, come le cime del monte Bianco e del monte Rosa. Mi vedevo davanti quel vasto circo, chiuso a sud-ovest dal monte Altissimo (1590 metri), e dalle sue propagini; a nord-ovest, dal monte del Vestito e dal monte Sella; a nord-est, dal monte Sella e dal monte Fiocca, colle rispettive diramazioni; tutto ripieno di ghiaccio. Una lama di monti, spiccandosi da settentrione a mezzodì, fra il monte del Vestito e il monte Sella divideva quel circo in due ghiacciai o vedrette1, le quali si riunivano al di sotto di Arni, formando una sola fronte. Quel doppio ghiacciajo è scomparso; ma la sua fronte è là ancora, delineata dalla morena, cioè da un gran cumulo di sassi, quasi tutti di bianco marmo, che accenna a sbarrare tutta la val d’Arni, appoggiandosi alle falde dell’Altissimo a occidente, e al monte Fiocca a oriente: e la sbarrerebbe difatto, se torrenti e torrentelli non vi avessero aperto ciascuno una breccia, per riunirsi giù nel letto della Tòrrite. Pensate quale doveva essere allora il clima, quando quelle montagne, esposte al sole di mezzogiorno, inondate dal tepido alito del mare, si coprivano di un mantello di ghiaccio che resistette alla vampa estiva per molti secoli.

» Da quanto vi ho narrato però avrete certamente già conchiuso che, se la val d’Arni interessa la scienza, non è certamente nè dilettevole nè amena. E credo anch’io che la descrizione che ne ho fatto sia tale da non invogliare ad andarvi chiunque viaggi in cerca del bello.

» Ma volete sapere che cosa renderà celebre un giorno, e, quel che è più, popolosa e ricca quella squallida valle? Il marmo. Quel bacino così nudo, così tristo, è un bacino di marmo candidissimo, come avete potuto già intendere. Abbiamo veduto un pochino quale importanza diano i marmi a Serravezza e a tutta la

  1. Il ghiacciajo di val d’Arni, che non giungeva fino a incanalarsi nella valle, come fanno i ghiacciai delle Alpi, era piuttosto una vedretta che un ghiacciajo. (Vedi la nota alla Serata V, pag. 86).