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ghiaccio). È un bel ghiacciajo però, un ghiacciajo classico, tanto più interessante in quanto è uno dei pochi ghiacciai sui versanti italiani delle Alpi, che presenti in modo così perfetto il tipo de’ ghiacciai alpini. Misura forse 500 metri nella sua massima larghezza, e dal punto ove si stacca dai campi di neve percorre forse tre chilometri, prima di toccare il limite estremo dove si scioglie.

» D’ordinario chi dallo Stabilimento di Santa Caterina ascende a vedere il ghiacciajo, si accontenta di contemplarlo dalla prima altura d’onde si domina in tutta la sua ampiezza. Questi tali credono d’aver veduto un ghiacciajo, e non han visto che una nevicata sul fondo di una valle. No; voi non farete così. Per avere una giusta idea del mare, non basta contemplarlo dal lido; bisogna staccarsi dalle arene, pigliare il largo; sentirsi ridotto a proporzioni microscopiche in seno a quella immensità; fa d’uopo assaggiare le tempeste, sentirsi orribilmente cullato da quelle montagne danzanti, veder quel legno, di cui vi parve sì smisurata la mole quand’era torreggiante presso il lido, vederlo, dico, quasi pagliuzza, trastullo delle onde. Così è del ghiacciajo; per comprenderlo, per gustarlo, bisogna avventurarsi su quel mare gelato, misurarne l’ampiezza, riscontrarne ad uno ad uno i meravigliosi accidenti. Impugnate l’Alpenstock, armatevi di occhiali o verdi o affumicati, imbacuccatevi in un velo che vi copra il viso....».

«Perchè? perchè?» sclamarono meravigliati i bambini.

«Perchè.... provatevi a camminare otto o dieci ore sulla neve o sul ghiaccio senza velo e senza occhiali, e vi accadrà ciò che avviene sovente anche alle più esperimentate guide delle Alpi, di venire cioè ricondotte a mano perfettamente cieche. Anch’io ebbi in conto di ridicole caricature quell’abbigliamento preso a prestanza per una metà dal dottor Tartaglia, per l’altra da una damina qualunque; ma quando ebbi a pagare l’immenso diletto di una bella giornata, passata sui ghiacci dell’Engadina, con tre o quattro giorni di semireclusione, perchè mi trovai, se non cieco, almeno ricotto, con tale un viso da beone da far paura; quand’ebbi a vedermi cadere brano a brano la cute dalle guancie enfiate, quasi fossi un lebbroso; non dimenticai nè dimenticherò più al certo nè il velo nè gli occhiali. Un soverchio continuato bagliore accieca, come un immoderato frastuono assorda. Così avviene d’ogni organo sottomesso a sensazioni o troppo forti, o troppo prolungate. I nervi, oscillando violentemente, si stan-