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la famiglia del montanaro 77

chierotto di forse dieci anni, tondo e pacifico, colle mani in tasca, teneva d’occhio il pentolone. La macchietta più viva del quadro era una bambina di circa nove anni; capelli biondi, finissimi, liberi di subire tutti gli impulsi di una testolina che non stava mai ferma un attimo; due occhietti splendidi come stelle, realizzazione anch’essi del moto perpetuo; due guancie paffutelle, sode come il marmo e tinte di rosso, ma non di quel rosso incarnatino, pallido, morbido, che scompare ad ogni alito sulle guance delle nostre bambine profilate; ma un rosso vivido, ruvidetto, tra il carmino e il minio. Per una strana antinomia la bambina si chiamava Prudenza. Ritrosa e selvatichetta dapprima, era in brevi istanti passata alla massima dimestichezza, e non v’era mattezza a cui venisse meno. Non così la sorella maggiore, ritta e contegnosa nell’angolo più riposto, della quale vi risparmierò la descrizione, dicendovi soltanto che, salvo la vivacità, era il megascopio della minore. Non vi dirò di altre persone, o famigli, od ospiti, o parenti, che formavano come il fondo del quadro. La sera fu lieta; la cena deliziosa; la conversazione piacevole. Le meraviglie della città, le ferrovie, un po’ di politica, ecc..., erano i temi a cui quella buona gente pigliava maggior interesse».

» Intanto la notte era discesa nera, profonda; il fuoco s’era ridotto ad alcuni stizzi fumanti; la conversazione languiva, Morfeo1, assai precoce in montagna, ripigliava i suoi diritti, e la camera rimaneva deserta, mano mano che si popolava il fienile. Noi fummo naturalmente fra i pochi privilegiati a cui si serbavano gli scarsi pagliericci che coprivano il fondo di tre fusti o, per vero dire, di tre cassoni. Pigliai anch’io una limitatissima porzione di uno di essi, dove se, dopo prove e riprove, non mi addormentai, almeno riuscii a compormi in tale stato che era molto simile al dormire».

«Allora», si fece a dire la più severa delle mamme quasi continuasse lei la narrazione, «allora anche noi anderemo a casa a dormire».

«L’intimazione naturalmente era fatta ai ragazzi che risposero in coro, con quel contorcere di viso e di spalle tra il lagno e la preghiera, che è proprio dei bambini avvezzi ad ubbidire, ma che spesso ne farebbero a meno. Ma io, per tagliar corto, dissi: «buona notte!» e mi levai in cerca del mio cappello».

  1. Dio del sonno nella mitologia.