Pagina:Stowe - Il fiore di maggio, 1853.djvu/20

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Tim com’era chiamato, aveva un carattere che un pittore avrebbe potuto ritrarre, non tanto per la simetria de’ tratti quanto pei lumi e le ombre che presentava.

Papà Tim era dotato di quel buon senso pratico, di quello spirito calcolatore, che è dote precipua degli uomini del suo ceto nella Nuova Inghilterra aveva pure un’eccellente cuore, ma il suo spirito era viziato da una brusca petulanza, che essendo qualche cosa di intermedio fra il comico ed il serio, dava alle sue parole od a’ suoi atti un’impronta caratteristica. Se avessi chiesto un favore a papà Tim, t’intratteneva a disputa per una mezz’ora; ti avrebbe fatto mestieri di tutta la tua logica a provargli la necessità di quel favore; ei non mancava di attestarti che non poteva perdere il suo tempo ad ajutare questi o quegli, e tuttavia bestemmiando, l’avresti veduto accingersi a venirti in ajuto. D’ordinario terminava questa scena, col lanciarti una singolare occhiata accompagnata in guisa di conclusionale della seguente frase: “Bene! Bene! è giusto.... vi corro; almeno penso che debba corrervi.„ E tantosto recavasi sul luogo ov’era chiamato, e vi lavorava finchè il giorno durava, e pria di partirsene, a guisa di addio vi indirizzava questa saggia esortazione: “Non va bene disturbare gli altri quando si può far senza dell’opera loro.„ Se i vicini di papà Tim si trovavan in qualche imbarazzo la sollecitudine del buon’uomo non veniva mai meno. “Non avrebbe dovuto trattar così; è strano che abbian sì poco buon senso;„ e dopo questi benevoli rimproveri, davasi a lavorare di tutte le sue forze, per sollevarli, lamentandosi fra