Pagina:The Oxford book of Italian verse.djvu/257

Da Wikisource.

GASPARA STAMPA

199 iv
M
ESTA e pentita de’ miei gravi errori

E del mio vaneggiar tanto e sì lieve,
               E d’aver speso questo tempo breve
               4Della vita fugace in vani amori,
          A te, Signor, che intenerisci i cori,
               E rendi calda la gelata neve,
               E fai soave ogni aspro peso e greve
               8A chiunque accendi de’ tuoi santi ardori,
          Ricorro, e prego che mi porghi mano
               A trarmi fuor del pelago, onde uscire,
               11S’io tentassi da me, sarebbe vano.
          Tu volesti per noi, Signor, morire,
               Tu ricomprasti tutto il seme umano;
               14Dolce Signor, non mi lasciar perire.


CELIO MAGNO

Sonetti

200 i 1536-†1602
D
A verde ramo in su fugace rio

Spargea vago augellin sì dolci accenti
               C’havean, per ascoltarlo, il cielo, i venti
               4E l’acqua il corso lor posto in oblio:
          Quando improviso astor giunse, e ’l rapìo,
               Misero, fra gli artigli aspri e pungenti,
               Onde invano ei si scosse, e co’ dolenti
               8Suoi stridi il cor d’alta pietà m’empìo.
          Oh regnasse furor sì iniquo et empio
               Sol tra le fiere, e non tra i petti umani
               11Con via più crudo e scellerato esempio!
          Che or macchia, più che mai, l’alma e le mani
               Rapina e sangue, e ’l reo del buon fa scempio,
               14Vinta ragion da ciechi effetti insani!

1066 R 257