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UGO FOSCOLO

300 (In morte del fratello Giovanni)
U
N dì, s’io non andrò sempre fuggendo

Di gente in gente, me vedrai seduto
               Sulla tua pietra, o fratel mio, gemendo
               4II fior de’ tuoi gentili anni caduto.
          La madre or sol, suo dì tardo traendo,
               Parla di me col tuo cenere muto;
               Ma io deluse a voi le palme tendo,
               8E sol da lunge i miei tetti saluto.
          Sento gli avversi Numi e le secrete
               Cure che al viver tuo furon tempesta,
               11E prego anch’io nel tuo porto quïete.
          Questo di tanta speme oggi mi resta!
               Straniere genti, almen l’ossa rendete
               14Allora al petto della madre mesta.


301 (In morte del suo padre)
E
RA la notte; e sul funereo letto

Agonizzante il genitor vid’io
               Tergersi gli occhi, e con pietoso aspetto
               4Mirarmi e dirmi in suon languido: ‘ Addio.’
          Quindi scordato ogni terreno obbietto,
               Erger la fronte ed affissarsi in Dio;
               Mentre, disciolto il crin, batteasi il petto
               8La madre rispondendo al pianto mio.
          Ei, volte a noi le luci lacrimose,
               ‘ Deh, basti! ’ disse, e alla mal ferma palma
               11Appoggiò il capo, tacque, e si nascose.
          E tacque ognun: ma alfin, spirata l’alma,
               Cessò il silenzio, e alle strida amorose
               14La notturna gemea terribil calma.


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