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(1062-1063-1064) pensieri 377

quasi alcuna influenza sulla moltitudine, e i letterati, anzi pure gli studiosi, e sopratutto gli scrittori, erano rarissimi e pochissimi (18 maggio 1821).


*    Quanto giovi la riflessione alla vita, quanto il sistema di profondità, di ragione, di esame sia conforme alla natura, quanto sia favorevole, anzi compatibile  (1063) coll’azione, vediamolo anche da questo. Considerando un poco, troveremo che l’abito di franchezza, disinvoltura ec. che tanto si raccomanda nella società, che è indispensabile pel maneggio degli affari d’ogni genere e che costituisce una gran parte dell’abilità degli individui a questo maneggio, non è altro che l’abito di non riflettere. Abito che il giovane alterato dall’educazione non riesce a ricuperare se non a poco a poco, e spesso mai, specialmente s’egli ha grande ingegno e di genere profondo e riflessivo (come quello di Goethe, il cui primo abordo dice Mad. di Staël ch’è sempre un peu roide, finch’egli non si mette à son aise).


*    Il fanciullo è sempre franco e disinvolto, e perciò pronto ed attissimo all’azione, quanto portano le forze naturali dell’età. Le quali egli adopera in tutta la loro estensione. Se però non è alterato dall’educazione, il che può succedere piú presto o piú tardi. E tutti notano che la timidità, la diffidenza di se stesso, la vergogna, la difficoltà insomma di operare, è segno di riflessione in un fanciullo. Ecco il bello effetto della riflessione: impedir l’azione, la confidenza, l’uso di se stesso e delle sue forze; tanta parte di vita. Il giovanetto alterato  (1064) dall’educazione è timido, legato, irresoluto, diffidentissimo di se stesso. Bisogna che col frequente e lungo uso del mondo egli ricuperi quella stessa qualità che aveva già da natura ed ebbe da fanciullo, cioè l’abito di non riflettere, senza il quale è impossibile la franchezza e la facoltà