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ionisia se n’era venuta a piedi dalla stazione di San Lazzaro, dove, dopo aver passata tutta la notte sulle dure panche d’un vagone di terza classe, era scesa con i suoi due fratelli dal treno di Cherbourg. Teneva per la mano Beppino, e Gianni la seguiva; tutt’e tre, rotti dal viaggio, sbalorditi, spersi in mezzo all’immensa Parigi, con gli occhi alzati verso le case. Domandavano, ad ogni cantonata, della Via della Michodière; là stava di casa il loro zio Baudu. Ma proprio quando erano per entrare in Piazza Gaillon, la giovinetta si fermò di punto in bianco.

— Oh! — disse — guarda, guarda, Gianni!

E restarono lí fermi, stretti insieme: tutt’e tre vestiti di nero, perché portavano ancora i vestiti che s’eran fatti per il bruno del padre loro. Lei, troppo gracile per i suoi venti anni, con un’aria di miseria, portava un fagottino; dall’altra parte le si aggrappava al braccio il fratello minore, che non aveva piú di cinque anni; e il maggiore, fiorente nei suoi sedici, stava lí diritto, dietro le spalle di lei, con le mani penzoloni.

— Oh, bello! — riprese dopo un momento,

— Questo sí che è un magazzino!


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