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COME FU TRADOTTO IN ITALIANO
«IL PARADISO DELLE SIGNORE»


S

ul finire del 1882 vinsi un concorso per i Licei governativi; e da Roma, dove insegnavo italiano, latino, geografia, nella seconda classe del ginnasio Umberto I, fui trasferito alla cattedra di Lettere italiane nel R. Liceo di Lodi.

Quella promozione mi capitò mentre avevo una gran voglia di fare, e, potendo, di far bene; e avevo anche poco o nulla in tasca e da parte. Come affrontare le spese dei biglietti a tariffa intiera, del trasporto dei mobili, della pigione nuova, del mantenimento di noi due, mia moglie ed io, durante il tempo prevedibilmente lungo in cui non avrei ricevuto dal Ministero lo stipendio mensile e l’indennità, qualunque si fosse, che mi sarebbe toccata?

Ho raccontato altrove come, arrivati nelle nebbie lodigiane il 2 gennaio 1883 (nebbie tali che, per qualche giorno, stimammo una larga via il ponte sull’Adda, subito fuor di città!), trovammo una cordiale ospitalità, trovammo in più un preside, Antonio Coiz, quale auguro a tutti gl’istituti educativi d’Italia. Alcuni colleghi, qualche cortese cittadino, fecero a gara per aiutarci; il Coiz fu verso noi paterno. Ci aperse il cuore; spontaneamente ci aperse la borsa, e, aggiungo, quasi ci nutrí lui, finché, riscossi gli arretrati, potemmo campicchiare regolarmente, e, poco dopo, non avendo ancora figliuoli, e lavorando io molto, potemmo vivere, nella modestia nostra, da gran signori. Allora, a Lodi con poche lire mensili, si aveva casa, vitto, una donna di servizio; e l’abbonamento a un teatro, venti sere di seguito, per due; ventura che non ci è capitata mai piú!


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