Rime varie (Alfieri, 1912)/XCVIII. Ancora per Francesco Gori-Gandellini
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Vittorio Alfieri - Rime varie (1776-1799)
XCVIII. Ancora per Francesco Gori-Gandellini
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XCVIII.1
Ancora per Francesco Gori-Gandellini.
Era l’amico, che il destin mi fura,2
Picciol di corpo, e di leggiadre forme;
Brune chiome, occhi ardenti, atto conforme;3
4 E scritto in viso: Io son d’alta natura.
Liberissimo spirto in prigion dura
Nato, ei vi stava qual leon che dorme;4
Ma il viver nostro fetido e difforme5
8 Ben conoscea quell’alma ardita e pura.
Null’uom quasi apprezzando, (a dritto forse)
Nullo pur ne odïava; e a tutti umano,
11 Sol ben oprando ei stesso, i rei rimorse.6
Troppa era ei macchia al guasto mondo insano:7
Invidia, credo, i lividi occhi torse,8
14 E a Morte cruda lo accennò con mano.
Note
- ↑ Nel ms.: «30 ottobre. Tra S. Benedetto e Novi».
- ↑ 1. Fura, ruba.
- ↑ 3. Atto conforme, all’ardor degli occhi.
- ↑ 5-6. Nel cit. dialogo La virtú sconosciuta: «Privato ed oscuro cittadino», dice il Gori, «nacqui io di piccola e non libera cittade; e, nei piú morti tempi della nostra Italia vissuto, nulla vi ho fatto né tentato di grande; ignoto agli altri, ignoto quasi a me stesso, per morire io nacqui, e non vissi; e nella immensissima folla dei nati-morti non mai vissuti, già già mi ha riposto l’oblio». L’immagine del leone che dorme parmi efficacissima a dimostrare quanto il Gori avrebbe potuto fare, se i tempi non gli fossero mancati.
- ↑ 7. Difforme, deforme.
- ↑ 11. Rimorse, rimproverò, biasimò.
- ↑ 12. La sua virtú era come una macchia fra gli uomini perversi del nostro tempo.
- ↑ 13. Il Tasso, di Plutone (Gerus. lib. IV, 1.):
Contro i cristiani i livid’occhi torse.