Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/125

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     Ambidui sono al cantar usi, e pronti
Il Mincio provocar, e l’Aretusa,
Conti sono ambedui, ambidue conti,
Mercè de l’alta sua silvestre musa,
Che da le selve spesso, e chiari fonti
Sen fugge, e da lo stil, che fra noi s’usa:
Sì che l’arme cantando, e i degni eroi
Là vanno, ove di gir non lice a noi.

     Pur le selve abitar non fu discaro
Ai Dei, ed a la madre de gli Amori:
Che spesso col suo Adone amato, e caro
Ignuda giacque fra più folti allori;
E in Ida del suo amor superbo, e chiaro
Fe’ il grand’Anchise, e seco presse i fiori:
Dunque se l’ombre seguo, e il fresco lodo,
Cagion n’ho ben, poichè con lor mi godo.

     L’umido salce dopo il parto aggrada
A la feconda greggia, e l’acque brama
Ne’seminati campi a se la biada:
I fiori l’api, e il pellegrin stanco ama
Ombrosa loggia dopo lunga strada:
Me dietro a l’orme il desir vago chiama
De la dolce, ed amata mia nemica,
Riposo, ed ora d’ogni mia fatica.