Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/76

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Che che si voglia sentenziare intorno alla nostra poesia, certo è che non scorse mai come rivo benefico ad inaffiare le fantasie popolari. Citisi una ballata, una leggenda, una romanza, insigne per invenzione, o per ritmo, di cui fatta fosse depositaria la memoria del volgo, e che passasse pel veicolo della tradizione di padre in figliuolo? E mentre la Spagna ha le romanze del Cid, e celebri sono le ballate tedesche, e le scozzesi, e la Grecia moderna ha fornito materia al Fauriel di due grossi volumi da presentarne la lingua francese, nulla di somigliante che possa venir contrapposto possiede la nostra nazione.

Furono alcuni i quali si diedero in questi ultimi tempi a disotterrare antiche reliquie di poesie popolari; in Roma, or sono quattro anni, stamparonsi alcuni canti popolari della provincia di Marittima e di Campagna: perchè non v’ha chi si studii di seguire quell’utile esempio nell’altre parti della bella penisola? Questa nostra Venezia non deve anch’essa avere le sue canzoni popolari? Non è presumibile che le avesse, a preferenza o al pari dell’altre provincie, quest’angolo d’Italia abitato da un popolo guerriero e navigatore? Un popolo che primo portò all’Europa le ricchezze orientali, nulla debbe aver ritratto di quella tanta ricchezza di fantasia, propria delle nazioni guardate prime dal sole quando si leva a consolare la terra? Di che rallegravano la solitudine e il tedio delle lunghe navigazioni i pri-