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zola

una tro le sue spalle, raccontava a Margherita un delle furberie della Frédéric, la quale, mattina e sera, passava per la galleria Choiseul facendo un bel giro, apposta per dare a intendere che stava di casa di là dalla Senna.

— Questi sono gli ultimi modelli disse Dionisia. — Ce ne abbiamo di diversi colori.

E ne spiegò quattro o cinque. La Desforges li guardò sprezzante; a mano a mano che ne guardava uno, diventava piú aspra. Perché c’erano tutte quelle pieghe che striminzivano l’abito? e quell’altro, cosí quadro di spalle, non pareva tagliato con l’accetta? Viaggiare non voleva mica dire insaccarsi!

— Fatemi vedere qualche altra cosa, signorina.

Dionisia spiegava e ripiegava, senza lasciarsi mai sfuggire un gesto di stizza; e quella serena pazienza faceva peggio indispettire la Desforges, che continuamente si rimetteva a guardarsi nello specchio di faccia. Ora che era accanto a Dionisia, poteva far dei confronti. Era possibile mai, che le fosse stata preferita una ragazzuccia come costei! Se ne rammentava bene: era proprio quella che aveva vista, da principiante, sciocca e buona a nulla, come una guardiana d’oche che arrivi dalla campagna. Ora sapeva, certamente, muoversi un po’ meglio nel suo vestito di seta, e aveva un aspetto piú decente. Ma che miseria, che volgarità!

— Le farò vedere altri modelli — diceva tranquillamente Dionisia.

Quando tornò, fu la stessa scena di prima: le stoffe erano troppo pesanti, non valevano un soldo. La Desforges si voltava e alzava la voce cercando d’attrarre l’attenzione della signora Au-


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