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il paradiso delle signore |
relia, con la speranza di farle fare una strapazzata alla ragazza. Ma, da quando quest’ultima era rientrata nella sezione, a poco a poco se l’era saputa amicare: ci stava come in casa propria, ora; e la direttrice notava in lei singolari attitudini per la vendita; dolcezza ostinata, la persuasione sorridente.
— Se mi volesse dire che genere desidera... — domandò di nuovo Dionisia con insistenza imperturbabile e cortese.
— Ma se non avete nulla di buono! — esclamò la Desforges.
S’interruppe, sentendosi posare una mano sulla spalla: era la Marty che correva pel magazzino, trascinata dalla sua furia di spendere. Aveva comprato tanta roba, dopo le cravatte, i guanti, l’ombrellino rosso, che l’ultimo commesso aveva dovuto deporre su una seggiola l’involto per non farsi tribbiare le braccia; e la precedeva strascinandosi dietro la seggiola su cui s’ammucchiavano gonnelle, tovaglioli, tende, un lume, tre stuoini.
— To’, disse vi comprate un mantello da viaggio?
— Oh, Dio mio! no... — rispose la Desforges. Sono uno peggio dell’altro.
Ma la Marty s’era precipitata su un mantello a righe che non le pareva tanto brutto; e Valentina già lo guardava attentamente. Allora, Dionisia chiamò Margherita perché mostrasse il mantello, ch’era un modello dell’anno innanzi; e Margherita, fatta accorta da un’occhiata della compagna, lo vantò come una occasione straordinaria. Quando le ebbe giurato che era stato ribassato due volte, mettendolo da centocinquanta e da centotrenta a centodieci franchi, la Mar-
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