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il paradiso delle signore


— Guarda se si deve star chiusi con una giornata come questa! Piovesse mai, i giorni d’inventario!... E vi serrano a catenaccio come i galeotti, quando non c’è uno in tutta Parigi che stia in casa!

E passò la stoffa all’Hutin. Sul cartellino segnavano ogni volta quanti metri ne avevano venduti, e cosí il lavoro era molto più facile. L’Hutin gridò:

— Seta di fantasia a quadratini, ventun metri, sei e cinquanta!

La seta andò per terra a ingrossare il monte:poi l’Hutin continuò, voltosi al Favier, una conversazione cominciata innanzi:

— Dunque vi voleva proprio picchiare?

— E come! Io ero lí che bevevo tranquillamente un bicchiere di birra... Metteva proprio il conto di darmi del bugiardo! stamattina la ragazza ha avuta una lettera del padrone che l’invita a pranzo... Lo sanno di già tutti.

— Ma come? dunque ancora non s’erano intesi!

Il Favier gli porse un’altra pezza:

— Chi se lo poteva immaginare! Si sarebbe messa tutti la mano sul fuoco: pareva una cosa fatta e strafatta.

— Idem, venticinque metri! gridò l’Hutin.

Mentre la stoffa cadeva, aggiunse a voce piú bassa:

— Da quel vecchio matto del Bourras, ne ha fatte di tutte!

La sezione non ne poteva piú dal ridere, senza che per altro il lavoro ne fosse interrotto.

Si passavano il nome della ragazza, le spalle


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