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il paradiso delle signore


Lei finiva di raccomandarsi; e, ora che aveva pagato, ripigliava tutta la sua arroganza:

— Posso andare? — domandò alla fine, seccamente.

Il Bourdoncle s’occupava già d’un altro affare. Dopo il rapporto del Jouve, mandava via il Deloche, quello stupido che si lasciava sempre rubare, e non si imponeva punto alle clienti. La De Boves ripeté la domanda, e vedendosi congedata con un gesto, li avvolse tutt’e due di un’occhiata velenosa. Voleva dire chi sa quante cose; ma non trovò lí per lí che un grido da melodramma:

— Miserabili! — disse, lanciando un’occhiata.

Bianca intanto non s’era allontanata dallo studio. Non sapendo ciò che accadeva là dentro, vedendo andare e venire il Jouve e le ragazze, era sconvolta e vedeva già i gendarmi, la Corte d’Assise, la prigione. Ma restò a bocca aperta quando si vide innanzi il Vallagnosc, quel suo marito da appena un mese, che la turbava ancora quando le dava del tu. Meravigliato del suo stupore, si mise a interrogarla:

— Dov’è la mamma?... Vi siete sperse?... Via, rispondimi; non mi far paura!

Non le riuscí inventare nemmeno una bugia un po’ a garbo, e nel suo smarrimento gli sussurrò tutto:

— La mamma, la mamma... ha rubato!

— Come! rubato?

Alla fine, capí. Il viso livido della moglie lo spaventava.

— Delle trine, qui, nella manica, — seguitava lei, balbettando.

— E tu l’hai vista? la stavi a guardare? —


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