Pagina:Otto mesi nel Gran Ciacco. Viaggio lungo il fiume Vermiglio di Giovanni Pelleschi.pdf/169

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da corrientes alla frontiera 163

gio, col quale ci eravamo augurato e promesso l’incontro sul Salado!... Ah, non potei trattenere un pianto dirotto!....

Raccolsi i cadaveri, e scavata una fossa, li collocai ciascuno sopra un cuoio di vacca uno sopra l’altro, e lor detti modesta sepoltura con immensa pietà....

Intanto campariva all’altro lato del fiume una banda di Mocoviti scappando, che battendosi le mani nella bocca cacciavano spaventosi gridi coi quali si facevano fuggire innanzi un gran branco di mule, poi volti verso di noi ci salutavano schernendoci e ostentando le viscere dei nostri amici, fumanti ancora e sanguinose.

Gli Indiani spiando i suoi passi, si erano approfittati di quando il Brasiliano, spedite avanti coi suoi uomini le mule meno stanche, erasi trattenuto al fogon prendendo mate, per piombargli addosso e finirlo rubando le mule rimaste.

Il Brasiliano si era difeso, come appariva, da leone, e i Mocoviti, superatolo, gli avevano strappato le viscere per farne orrendo festino.

Perchè è fama tra questi selvaggi, che il cuore del nemico valoroso morto combattendo, è alimento che inspira valore nei superstiti che ne mangino.»

Così mi narrava l’Ingegnere Braly. E queste scene nel Ciacco son frequenti! e smentiscono l’opinione di inoffensivi che loro attribuiscono alcuni, mentre non sono due mesi che una banda di cotesti Indiani tennero testa a più di 50 cristiani tra soldati e guardie nazionali, disfacendoli coll’uccisione di più di due terzi.

Nondimeno, siamo ben lungi dalle esagerazioni del Padre Lozano e di tanti altri viaggiatori, che hanno scritto del Ciacco probabilmente senza esservi stati e senza aver trattato con gli Indiani.

Io li ho visti si assaporare con avidità il sangue delle bestie macellate per nostro uso, ma non già farsi esclusivo alimento di esso e di quello degli altri animali, come scrissero