Pagina:Pisacane - Saggio sulla rivoluzione.djvu/118

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verrà precisamente che, volendo il bene pubblico, conseguiranno uno scopo affatto contrario, imperciocchè i desiderii, i concetti, le passioni di pochi non potranno essere quelli di tutti; inoltre tal governo dovrà essere forte; quindi diverrà immancabilmente tiranno, imponendo con la forza ciò che egli con fini rettissimi vuole, e la tirannide sarà più dura per quanto maggiore sarà la forza dell’ingegno e della volontà degli uomini prescelti al reggimento; in altri termini, per quanto migliore sarà stata la scelta fatta. La nazione sarà libera nel momento delle elezioni, poi abdicherà la propria sovranità nelle mani di coloro che l’aura popolare condurrà al potere; i candidati saranno varii, quindi il popolo si scinderà in partiti ed avverrà quello che è sempre avvenuto; il partito prevalente sarà tirannico con gli altri, e questi schiavi ed in permanente cospirazione contro di esso; e le continue lotte intestine roderanno le viscere della nazione e sarà impossibile la continuità di sforzi, la perseveranza, la costanza che formano la felicità e la grandezza dei popoli, come nel medio evo; l’opera di un partito verrà distrutta da quello che lo soppianta. Questo scoglio contro cui rompe immancabilmente la democrazia, lo scansarono gli antichi popoli italiani, poi i romani, più tardi i veneziani con l’istituzione del patriziato; questo potere dava a tutta la macchina sociale un continuato ed uniforme impulso, che solo può condurre a grandi risultamenti. Adunque, democrazia ed unità così concepite conducono al governo dei partiti, e nazionalità e libertà sono nomi che servono loro di maschera, di pretesto onde lacerare la patria; nè qui finiscono i mali. L’unità, facendo fluire tutti ad un centro gli umori vitali della nazione, ne consegue, come dicemmo nelle pagine precedenti, che l’altre parti d’Italia deperiranno quasi membra inaridite e dogliose.