Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/211

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Fiume d’un tanto lacrimar cagione
Sul glorioso tema,
Tutti a far di se prova i più robusti
Cigni adescò colle Tebee Corone,
Non di sterile allor, che secca, e sviene,
Ma di sod’oro fulgido sebbene
Non minor di qual sia Franco, o Germano
Sulla Pindarea lira
Regge a noi pur Filosofia la mano,
E noi pur anco un maggior nume ispira
Quando eccelsa virtude il canto impegna:
Ma qual sia premio aborre
Nostra musa nè palma altra raccorre
Se non quella del Pubblico si degna.
E se di se non l’empie
Mesto sublime, a menzognera altezza
Muta prefere i bassi campi, e ’l piano
Se valor poi sovrano
Tra bell’opre di pace, o ’l suon dell’arme
Seco la porta oltre le nubi a volo,
Al volontario carme
Sprone allora, e mercè fassi egli solo.
     Or basteralle intanto
Che mentr’opra real di sculti marmi
Sorga sul lido il monumento eterno,
E gli s’alzi d’intorno il patrio canto,
Dal più lucido cerchio, u’ beasi il prode,