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l’antica velleja 315


«Una fontana ardente si incontra, per esempio, a Pietramala, sulla via da Bologna alla vetta del Covigliajo, d’onde si discende a Firenze. Ci passai una volta di notte in vettura, ma dormendo come un tasso. Visitai invece in altre occasioni i fuochi di Velleja e quelli della Porretta».

6. «Velleja.... sclamò l’Angiolino, come chi ravviva una sbiadita reminiscenza. «È come un’antica città sepolta nell’Apennino?».

«Infatti è un’antica città romana, le cui meravigliose rovine sorgono dal suolo in seno agli Apennini tra Parma e Piacenza; in un luogo così internato, così selvatico, che appena credereste vi si stampassero orme umane, in quell’epoche antiche, in cui erano barbare le regioni che oggi figurano fra le più civili del l’Europa. Ma bisogna che per l’Italia fosse altra cosa. Se in fondo alla valle Chero sorgeva una città come Velleja, bisogna dire che, da’ tempi romani in poi, la barbarie progredisse in alcune parti d’Italia precisamente del medesimo passo, onde progrediva altrove la civiltà.

» Io rimasi veramente sbalordito quando fissai lo sguardo su quell’area, sparsa di così splendide rovine, da cui erano state dissepolte tante statue di bronzo, tanti capi d’arte, pe’ quali il Museo della piccola Parma emula di splendore le collezioni delle grandi città di questa antichissima patria delle arti e del sapere. Ero disceso alla stazione di Firenzuola, tra S. Donnino e Piacenza, e avevo camminato a ritroso della corrente, la lunga valle del l’Arda, fino a Lugagnano, che si direbbe posto ai confini del mondo incivilito. Per andar oltre, bisognava o raccomandarsi alle gambe, o adoperarle a inforcare l’asino o la rozza. Appigliatomi al secondo partito, attraversai una serie di colli; passai il Chiavenna, e via via, sempre inoltrandomi nell’Apennino, attraverso dirupi e nere cupole di serpentino, finchè mi si aperse dinanzi una specie di ampio bacino, seminato di poveri villaggi, e là, in fondo in fondo, nell’angolo più selvaggio, Velleja! Chi il crederebbe, se la storia e più che la storia no’l dicessero i monumenti, che noi ci troviamo a fronte all’antica sede dei Vellejati, la quale diede già tanta briga alle legioni romane, ed ebbe poi i suoi decurioni, i suoi duumviri, prefetti, giudici, un fòro, una basilica, un calcidico, un anfiteatro1, al pari di qualunque più nobile città del Romano Impero?».

  1. I duumviri juri dicundo erano due magistrati principali, che amministravano le leggi in città provinciali. Il prefetto era il governatore della città. Il fòro era di