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il paradiso delle signore

reva volgare, anzi che no, ma cortesissimo, d’un buon umore che la sorprendeva e le faceva piacere. E poi, senza malizia, per fare un po’ di chiasso, le aveva, due giorni innanzi, raccontato, senza pensare a quel che faceva, gli amori del Mouret e di Clara; e rosa dalla gelosia, celando la ferita sotto la noncuranza, ella veniva a cercar di scoprire la ragazza. Non sapeva altro se non che era una delle «confezioni»: il nome non gliel’aveva voluto dire.

— Desidera qualche cosa? — chiese lui.

— Sicuro; se no, non sarei venuta... Avete della seta per vestiti da mattina?

Sperava cavargli di sotto il nome della ragazza, non ne potendo piú dal bisogno di vederla. Bouthemont chiamò subito il Favier, e si rimise a chiacchierare con lei, aspettando il commesso che finiva di servire una cliente, proprio quella bella signora» bionda di cui tutti discorrevano nella sezione senza neanche saperne il nome. Quella volta la «bella signora» era in lutto grave. Chi mai le era morto? il marito o il babbo? Il babbo di sicuro, no; sarebbe stata piú seria. E allora chi? era una donna perbene dacché aveva un marito davvero. Ma poteva anche portare il bruno per la mamma. Per qualche minuto, sebbene il lavoro incalzasse, tutti gl’impiegati si scambiarono supposizioni.

— Lesti! lesti! cosí non va! gridò l’Hutin al Favier, che tornava dall’aver condotta la signora alla cassa. Quando c’è quella lí, non la finite piú... Come se le importasse punto di voi!

— E a me di lei che me n’importa? — rispose l’altro stizzito.

Ma l’Hutin minacciò di far rapporto se non


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