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da un capo all’altro fra le trine e le mussole ondeggianti, s’alzavano trofei di drappo e apoteosi di modelli di legno, mezzi vestiti; e quella confusione multicolore si coronava, nell’alta se zione dei mobili, con la mostra di lettini, forniti dei materassi, seminascosti tra parati bianchi, quasi una camerata di educande addormentate.
— Vuole, signora, delle giarrettiere, a bonissimo prezzo? — disse un commesso alla Desforges, vedendo che non si moveva. — A poco prezzo! tutta seta! un franco e quarantacinque!
La Desforges non rispose nemmeno. Intorno il gridío si faceva sempre più forte e febbrile. Cercò di orientarsi; a sinistra c’era la cassa di Alberto Lhomme, che, conoscendola appena di vista, osò sorriderle amabilmente, senza punto affrettarsi, tra il mucchio delle fatture che aveva sul banco. Dietro a lui, Giuseppe si stizziva con la scatoletta dello spago, non riuscendo a involtare subito la roba.
Allora ella capí dov’era: la seta doveva stare lí innanzi. Ma non le ci volle meno di dieci minuti per arrivarci, tanto la folla aumentava. Per aria i palloncini rossi, retti da fili invisibili, si erano moltiplicati, e si univano in nuvole color porpora scendendo verso le porte per riversarsi in Parigi; c’erano anche dei bambinucci piccini piccini, che, col filo attorcigliato alle manine, venivano innanzi; e la Desforges dové ogni tanto abbassare la testa.
— Come! anche lei, signora, s’è arrischiata? — esclamò tutto contento il Bouthemont non appena la scorse.
Andava ora qualche volta da lei a pigliare il tè. Ve l’aveva presentato il Mouret. A lei pa-
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