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il paradiso delle signore

vederlo cosí pieno di vita in mezzo a quel suo popolo di civette. Non sarebbe capitata mai una di loro, vuota nel cervello e nel cuore, che insegnasse a costui come la vita è stupida e inutile?

Proprio quel giorno, Ottavio pareva perdesse la sua sicura tranquillità; lui che di solito accendeva la febbre nelle clienti con la pacatezza d’un cerusico, ora era preso anch’esso dalla passione che a poco a poco metteva sossopra i magazzini. Da quando s’era accorto di Dionisia e della Desforges, che salivano lo scalone, parlava a voce piú alta, gesticolava non volendo; e senza mai volgersi dalla parte loro, si animava sempre piú, a mano a mano che piú le sentiva vicine. Il volto gli si accendeva; gli occhi suoi avevano un po’ dell’estasi strana, di cui a lungo andare si abbarbagliavano gli sguardi delle compratrici.

— Ti devon rubare parecchio! — mormorò il Vallagnosc, cui la folla pareva una brigata di malfattori.

Il Mouret spalancò le braccia:

— Non s’arriva nemmeno a immaginarselo!

E, nervosamente, tutto contento d’avere un tema da svolgere, si mise a raccontare fatti, a dar particolari, a fare delle classificazioni. Prima di tutto, c’erano le ladre di professione, ed erano quelle che davano meno noia, perché la polizia le conosceva quasi tutte. Venivano in secondo luogo le ladre per mania, per un pervertimento del desiderio; nuova malattia nervosa che un alienista aveva già studiata, verificando che andava sempre crescendo, per la continua tentazione dei grandi magazzini. Da ultimo, c’erano anche le donne gravide che rubavano un oggetto solo: per esempio, da una di loro il com-


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