Trattatelli estetici/Parte prima/XI. Fantasia del cuore

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Parte prima - XI. Fantasia del cuore.

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XI.

FANTASIA DEL CUORE.

A taluno è sembrato ch’ove parli il cuore convenga alla fantasia di tacere; a tal altro che questa e quello concorrano a rendere più efficace l’espressione di un affetto. Ciò in quanto a coloro che attendono alla rappresentazione delle diverse condizioni dell’anima, signoreggiata da tale o tal altra passione. Quanto poi a quelli che, chiamati o no da natura a siffatto uflizio, giudicano tuttavia coraggiosamente della relazione che ci ha maggiore o minore tra il vero e le rappresentazioni anzidette; altri [p. 350 modifica]scambiano per prodotto della fantasia ciò che deriva espressamente dal cuore, o credono derivare dal cuore ciò che procede da fantasia: altri stimano fantasia e cuore tutt’uno, o per dir meglio nė di questo nè di quella non hanno verun sentore.

Volendo alcun poco discorrere intorno ad un tale soggetto cominceremo dal dire avervi alcune note caratteristiche secondo le quali è conosciuto distintamente ciò che viene emanato dal cuore e ciò che dalla fantasia; e nondimeno alcuna volta concorrere queste due potenze ad un fine medesimo e per la medesima strada. Ciò premesso, non dovrà sembrare strano il dir che facciamo avervi una fantasia che, per certa tal qual guisa di esprimersi, possa essere chiamata fantasia del cuore. Vuolsi intendere per fantasia del cuore, quella che viene in aiuto della passione onde rimase il cuore commosso, ed è molto diversa da quella che, altronde traendo origine che da sè stessa, non altrove ritorna che in sè medesima.

Accadde alcuna volta che, a descrivere passioni non sentite, fosse chiamata in sussidio la fantasia, a somiglianza di quel pittore di cui fu detto che, non sapendo far l’Elena bella, erasi studiato di farla ricca. Di qui una gran parte di quelle insipide spiritosità, e di quelle arguzie spostate, che contentano l’anime fredde, od i cervelli balzani, ma fanno nausea e dispetto a chi ha intero il giudizio, e squisito il [p. 351 modifica]sentire. L’errore di molti, talvolta anche sommi per altri rispetti, fu cagione dell’anatema che da alcuni critici, troppo severi e impazienti d’esame, venne lanciato contro la fantasia, quasi impossibile ad essere amicata col cuore. Il cuore ama il semplice, dicesi comunemente, e dicesi vero: ma forse che non possono darsi fantasia e semplicità insieme accoppiate? Il cuore è raccolto ne’proprii sentimenti, e tende diritto al suo fine; ma forse che non è conceduto alla fantasia di procedere con velocità, quando occorra? Vorremo negare per altra parte che manchino al cuore, appunto quando è più bollente e abbandonato a sè stesso, e delirii, e visioni, e creazioni bizzarre di ogni maniera?

Chi volesse indugiarsi alcun poco nella considerazione di questa materia, troverebbe ch’ove il cuore continui nel riferirsi ad un dato oggetto che lo comprende, fa parte, senza più, alla fantasia del suo foco, per cui esso oggetto o viene ricreato se lontano, o se vicino alterato, secondo il bisogno della passione dominatrice. E verissimo che il cuore parte sempre dalla realtà per farne fondamento alle sue finzioni: ma forse che anche la fantasia, a bene considerarla, non tiene la medesima strada? E i suoi composti, chi sappia maestrevolmente discioglierli, non si troveranno formati di principii reali, che, in certa data guisa congiunti, rendono apparenza di tinzione auzichè di vero? Vorremo negare [p. 352 modifica]credenza a quanto ci accade tutto giorno dì udire ne’ famigliari discorsi, i quali, ove partano da un cuore agitato, sfolgoreggiano di frasi e d’immagini, che non da altri sarebbersi saputo trovare fuorchè dalla fantasia nei suoi voli più audaci? E quando si narra dell’innamorato, a cui, morta la sua donna, parea sempre vederla, e come un’altra se gli mostrava mirabilmente somigliante alla prima, egli, anzichè dire la è dessa! - sclamava oh le sono due! — quando, ripeto, un tal fatto si narra, oseremo dire che quello dell’innamorato non fosse cuore, o che la fantasia fosse muta in chi aveva pur tanta intensità di visione?

È però da considerare come, allora quando proceda veracemente dal cuore, abbia la fantasia alcune note ad essa particolari. E primieramente, come si è detto poc’anzi, il fondamento della realtà, sopra il quale si eleva il chimerico edificio, è molto più sensibile ed evidente. La nostra mente non rimane a principio cosi sbalordita, come allora quando la fantasia, abbandonata a sè stessa, scorre liberamente per tutti i campi; l’impressione ricevesi ben più gagliarda se più lenta: potrebbesi dire che la minor estensione si compensi da una profondità a dismisura maggiore. Scorgesi oltre a ciò una maggiore unità di concetto o principio regolatore: le ripetizioni, le esclamazioni, e, in genere, le cosi dette di parole, sono quelle tra le figure che meglio abbon[p. 353 modifica]dano nel linguaggio del cuore; le antitesi, le metafore, e le figure tutte che dai retori si chiamano di pensiero, ne rimangono escluse ordinariamente, e vanno a formar parte del linguaggio che tiene la fantasia. Onde ciò? Appunto perchè, ove parla il cuore, non possono gli esteriori ornamenti alterare la sostanza del discorso, e quindi altro essere non possono salvo che di parole, laddove tutto il contrario, o almeno molto diversamente, succede ove trattisi della fantasia.

Queste cose però non vanno prese a tutto rigore. E vuolsi avvertire che le regole generali da noi finora accennate subiscono frequenti e notabili modificazioni dalle persone e dai tempi. Certamente non bisogna confondere la fantasia di tale con quella di tal altro, tuttochè in ambidue spirata dal cuore, nè di chi è sollecitato da certa passione e di chi da certa altra. Chi non sarebbe tentato a credere passione artificiata, anzichè vera, quella, a cagion d’esempio, degli Arabi, e in genere di tutti i poeti cosi detti (orientali, ne’ quali il sopraccarico delle figure per poco nou occulta affatto il pensiero principale? E per altra parte non dicesi di que’ popoli, e non si prova per lunga e ripetuta esperienza, essere anzi le loro passioni ardentissime? Molte volte alcune stravaganze di fantasia sono intrinsecate colla natura della lingua, cd è allora appunto che la critica dello stranie[p. 354 modifica]ro non vi può affatto, essendo impossibile la traduzione. Non è operando in opposizione a questo principio, che Voltaire falsò, nel concetto di quegl’innocenti che possono credergli sulla parola, alcuni de’ più bei luoghi di Shakspeare? Non potrebbesi commettere un pari sopruso a quante sono le opere meglio inspirate, e specialmente a quelle che serbano più fedele la stampa del carattere nazionale? Secondo una tale maniera di giudicare, quante, che, pur ci sembrano stravaganze nell’Allighieri, e negli altri antichi, si conoscerebbe sembrare a noi tali per questa sola ragione, che diverse sono le condizioni del nostro vivere, e in tutto mutata la tempera de’ sentimenti! Ma che avevano, all’incontro di comune, con quella arcadica innocenza e semplicità onde colorivano le loro fantasie, quegli sciancati scrittori di cui troppo oggimai è il disprezzo, come fu troppa ad altro tempo la venerazione? E gli esempi delle antiche virtù, e il parlare il linguaggio de’ Romani e de’ Greci, si conveniva ai cinquecentisti, o si converrebbe nè manco agli scrittori de’tempi nostri? Quando tutto l’istituto della vita è contrario al linguaggio che siamo soliti di tenere scrivendo, le immagini e tutti i trascorrimenti della fantasia nei campi dell’ideale e del possibile, onde cerchiamo rabbellire e rafforzare questo nostro linguaggio, si manifestano subitamente per cose posticce e accattate. Allora egli è forza, chi vo[p. 355 modifica]glia parlare col cuore, aver ricorso ad alcun che di vicino, al linguaggio comune; di che potrebbesi conchiudere, procedendo oltre nelle deduzioni, la vera origine di quel bisogno che tutti sentono di una poetica restaurazione, affinchè non sembri linguaggio meno che d’uomini, quello che a stagioni remote era creduto linguaggio di numi. Ma queste deduzioni lasciamo che si producano da chi ne ha voglia, essendo più agevole trovare chi ami farle da se solo, che chi soffra ascoltarle fatte da altri.