Trattatelli estetici/Parte seconda/III. Varia significazione delle parole

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Parte seconda - III. Varia significazione delle parole.

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III.

VARIA SIGNIFICAZIONE DELLE PAROLE.

È da gran tempo che i filosofi e i non filosofi van predicando ai loro fratelli ed ai nemici loro indistintamente: badate al significato delle parole; molte questioni interminabili ebbero origine da ciò solo che la significazione delle parole venne abusata. Questa predica però fa poco frutto, e gli uomini continuano a parlare per dritto e per rovescio d’ogni cosa che sanno e che non sanno, e quindi a frantendersi, a parodiarsi, e a credersi Achilli che combattono a riconquistare la bellezza maravigliosa [p. 19 modifica]na, quando sono Zerbini duellanti a difendere le ragioni di una sciatta Gabrina.

Quando si dice di badare al significato dei vocaboli in generale, non si dice abbastanza per cansare le dispute irragionevoli: egli è da badare eziandio a quel significato particolare che hanno i vocaboli stessi per ciascheduno individuo; vuoi degli uditori se parli, vuoi de’ lettori se stampi. Questo significato generale procede da molte cagioni, delle quali mi contenterò di accennare le principali, chè il notarle tutte sarebbe troppo lunga, e forse non punto util fatica. Conferiscono alla particolare significazione de’ vocaboli, che abbiamo ultimamente avvertita, le circostanze più minute della vita, degli studii, della condizion nostra, molte volte la sanità stessa, il temperamento, e fin anco la materiale conformazione de’ nostri organi, e specialmente dell’udito. Potrei entrare negli esempi, ma non parendomi punto difficile ai miei benigni e intelligenti lettori il trovarli, me ne astengo per ora, riserbandomi a toccarne qualcuno sul termine del mio discorsetto.

Il computo fallace che si fa dalla più parte de’ parlanti e degli scriventi sta in questo, che si crede dover avere i vocaboli quella stessa efficacia per gli altri che hanno per noi. Mi si risponderà: e quando gli uditori sono parecchi (e i lettori il sono pur sempre, almeno per quanto giova supporre a chi scrive) che misu[p. 20 modifica]ra si avrà egli a tenere? E facile il pensare che allora sarà bene tenersi entro limiti di discrezione. Questo sia detto per la più parte di quelli che favellano e scrivono per più persone: ma per certi uomini singolari avrei un altro consiglio da dare, ed è di secondare il più che possono e sanno quella stessa loro singolarità, dato però che sia naturale e non accattata. Mi conviene dichiarare la cosa un po’ meglio.

Dico adunque che a certi uomini destinati a dispensare pel mondo importanti dottrine, e privilegiati dalla natura di singolari facoltà per farsi udire, la stessa straordinarietà del loro stile e delle significazioni affibbiate a vocaboli comunali gioverà a renderli intelligibili. Certe idee pellegrine, come a dire, sommerse in un pelago di parole, per un irragionevole spavento di quell’unica voce atta a tutta comprendere l’idea, sebbene con insolita e ardita significazione, non che rimanere dilavate, e quindi più difficili ad essere comprese nella loro interezza, mancano di quella vellicante novità che aguzza il desiderio, e rende tollerabile la fatica dell’interpretare. La mente dell’uditore o del lettore, ricevuto quel primo colpo, rimane dalla stessa scossa posta in un’attività che non le sarebbe forse possibile in uno stato di tranquilla e uniforme attenzione. Bisogna pur confessare che c’è un occulto legame tra il genio, e chi è destinato a riceverne le impressioni. Vedete come molte volte la sola [p. 21 modifica]apparenza di quello sia atta ad accaparare proseliti, e a guadagnarsi poco men che gl’incensi!

Quando le significazioni delle parole non escono gran fatto dell’ordine comune, la mente di chi ascolta o di chi legge è più imbrogliata a carpire differenze tanto minute; all’incontro quando la distanza è assai grande, i punti estremi possono essere colti distintamente e con sufficiente facilità. Vedrete essere proprietà di tutti i grandi scrittori imprimere alle parole da essi usate più frequentemente una significazione dedotta dalle loro particolari opinioni e da’ sentimenti loro particolari. Vorrei fare un piccolo dizionario di alcune voci che altro suonano, per esempio, nelle cantiche dell’Allighieri, altro nel canzoniere del Petrarca. E mica, notate bene, quelle differenze di significato che procedono da cagioni religiose, politiche, o, come dicesi, in generale de’ tempi. Dio mi guardi però che confondessi mai con que’ grandi i meschini che si scostano dal significato ordinario delle parole per sola ignoranza, per pazzo amore di novità, o per sperare di farsi con questo gramo artifizio mirabili e pellegrini.

Non so negare per altro che molte parole usurpando sotto la penna, o in bocca d’uomini straordinarii, straordinarie significazioni, queste rimangano per molto tempo, e talvolta anche perennemente enigmatiche; ma ma sono eccezioni che non valgono a indebolire la regola gene[p. 22 modifica]rale. Forse il destino di quegli enigmi era presentito dall’autor stesso, forse se ne giovava a velare i misteri del proprio animo. Rileggendo i classici con queste avvertenze, che fonte copiosa di straordinario diletto non vi si trova! Sogni, dirà più d’uno: verissimo, ma forse meno fatui di quelli de’ commentatori. Chi vorrebbe starsene irresoluto tra l’etimologie filologiche, e quelle suggerite dal sentimento?

Tutto all’opposto veggo farsi d’ordinario nel mondo. Uomini, i quali potrebbero dare alle parole un colorito nuovo e vivace, seppelliscono nel silenzio le più felici idee della loro mente, o le lisciano prima di presentarle; ed uomini comunali all’incontro vogliono che siate immedesimati ne’ loro pensieri, e gl’intendiate di lancio come aprono bocca. Non è raro il caso che udiate da taluni, e sono questi de’ più gentili, ripetere ad ogni poco: la tal cosa, come la chiamo io; tal altra, come sono solito di chiamarla; quasi che avesse ad importare a tutto il resto de’ viventi il nuovo significato ch’essi affiggono alle parole, in forza delle loro opinioni particolari, delle loro abbiette passioncelle, dei loro ridicoli pregiudizii, e pressochè sempre della loro viltà od ignoranza. E sono, ripeto, de’ più gentili. Badate a quelli che meno si piccano di gentilezza: vi fanno discorsi composti di parole comunissime, che pur vi riescono inintelligibili. Quindi sghignazzano, che voi ve ne rimanete im[p. 23 modifica]passibile; fanno un gesto di ammirazione, che voi vi sentireste inclinato a strignervi nelle spalle; sono colti dalla tosse per l’augoscia che loro dà il favellare affrettato, mentre le vostre fibre si distendono sotto l’influenza della noia; continuano gli ah! gli oh! i veh! e simili, quando voi tranquillamente badate a nettarvi il vestito che v’inrugiadarono parlandovi di fronte, o distendete il braccio intorpidito sotto la gagliarda impressione del parlatore, che trasfondeva nelle dita l’efficacia di cui mancava la lingua.

Confesso che molte volte il mio silenzio deriva dallo studio che fo per intendere, molte altre dal timore di non farmi intendere io stesso. Scappano certe parole da certe bocche con tale accento da maravigliarne, senza speranza di averne netto l’intendimento. Grazie dice un tale, e il dice per modo, e in tal punto, che ne rimani balordo. Intanto all’intelletto degli uditori si dipingono un’infinità d’idee disparatissime. Grazie! C’è chi pensa al lotto. Grazie! V’ha chi corre coll’immaginazione ad un rescritto sovrano. Grazie! Fuori i dialoghi del Cesari, e le quistioni intorno alla lingua. Grazie! Il gruppo di Canova, i frammenti del Foscolo. Grazie! Le tavolette appese all’altare per un incendio, per una caduta. Grazie! Un tempietto, o meglio chiesuola, con la facciata protetta da qualche albero che soavemente frascheggia allo spirare del venticello serale. E tutti potrebbero rispondere [p. 24 modifica]in coro a quella voce grazie: gran cara cosa! E il giocatore, il petente, il filosofo, lo scultore, il poeta, il divoto, il fantastico avrebbero tutti ragione. E s’intenderebbero? Forse nessuno, o appena due:

     Seguitando il lor canto con quel suono.