Vai al contenuto

Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/129

Da Wikisource.


     Egli di guardian di ricca torma,
Di che superbo usò mostrarsi pria,
Il viso per seguir ogni sua orma
Di pallor tinse, e di sembianza ria:
Tal che cangiato da la prima forma
Appena di caprar vista tenía;
Onde fatto crudel, e pietra vera
Trasse ver lui una divina schiera.

     Fu Pan il primo, che d’Arcadia venne
Di minio il viso, e d’Ebuli sanguigno!
Di gigli appresso, come si convenne,
E di ferule adorno alto, e guardigno
Venne Silvano, e grave duol sostenne
Vedendol sì turbato, e sì ferigno,
E qual freno a l’amor, disse porrai,
Che di lagrime vive, e tu lo sai?

     Venne Priapo, a cui tumido il colle
Facean le vene, e rosso l’ira il naso;
Seco Mercurio, qual già trasformollo
In pastor Giove, quando d’Io fu il caso,
E disser: come il tuo desir sarollo,
Pastor, vedrassi a pianger qui rimaso,
S’ella, che tu desii di pietà cassa
Volando i fonti, e le campagne passa?