Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/131

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     E dove sormontar la soglia duro
Era sì dianzi a le mammose schiere
Gravi di lane, che soave, e puro
Recavan liete a le lor mandre altiere;
Or magre vanno, e con sembiante oscuro
Le pene provan del Pastor sue fere;
E mandar cessan da le poppe i fiumi
Di carici pasciute ispide, e dumi,

     L’Api, ch’esser solean la maggior stima,
Che lo premesse d’ogni suo lavoro,
Più non seggon de’ fiori in su la cima;
Che il pianto d’Aristeo, e il gran martore
Cangiare l’ha dal lungo uso di prima;
E sì inasprito è il dolce gusto loro,
Ch’indi distilla fosco mele amaro,
In vece di liquor soave, e caro.

     Nascono i tassi intorno a gli umil tetti,
Nè cassia, nè serpillo, o timbria sorge
Nè pianta amica, che a schivar allenti
Il maggior caldo, le fresche ombre porge,
Pendono i favi scemi, ed imperfetti:
Ed ei, che vuoti gli alvi, e freddi scorge,
Seco del proprio danno ardendo gode,
Il fuco intanto l’altrui mensa rode.