Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/134

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     Ancor direi, ma troppo lungo fora
Questa selva sfrondar, ov’io son messo,
Tu ’l sai, che qual verdeggia, e qual infiora
Le campagne del ciel rimiri spesso;
Or perchè al gran desio, che m’innamora
Giusto favor da te mi fia concesso;
Basti, che di Cirene il dolce foco
Qualche poco rimembri, e il tempo, e il loco.

     Parlava ancora, e parve si facesse
Minor del sol la luce alma, e serena,
E da’ bei raggi un lampo giù cadesse,
Come soglion cader quando balena,
Che il cielo in un momento trascorresse,
Partendo sì, che si scorgesse appena
Tal dal stellato manto ha per costume
Scuoter talor la notte un picciol lume.

     Ardito amante, e timido divenne,
E due parti di se far in un punto
Sentì Aristeo, quando il gran danno avvenne,
Che gli ebbe il cor di speme, e timor punto
Perchè l’ali al disío spiegò, e ritenne.
Dal freddo in uno, e dal calor compunto
E parte uditi furo i suoi lamenti,
Parte per l’aria ne portar i venti.