Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/135

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     Al fin la speme discacciò il timore,
E da paura il cor pelato sciolse,
Che ardendo corse in signoria d’amore,
E tutti i suoi pensier dietro a lui volse:
E in breve spazio col fuggir de l’ore
Tanto di nuova fiamma in se raccolse,
Che all’ultime sue prove si dispose,
O di non viver più seco propose.

     Tesseva un cerchio leggiadretto, e lento,
Che legge prescrivesse al vago crine,
Quand’ei, fra l’onde d’or ferendo il vento
Ondeggia, ed erra su le fresche brine
La vaga Ninfa: ed ecco in un momento
Le campagne gridar a lei vicine,
Fuggi fiamma gentil degna d’Orfeo,
Fuggi da Pastor fiero, ecco Aristeo.

     Ella fuggendo l’odorata pioggia,
Per che ’l grembo s’avea tutto dipinto,
Per bella poscia in disusata foggia,
Col crin mostrarsi fra i bei fiori avvinto,
Lascia cader: ed ove il fiume alloggia
Su lito un bosco giovanetto cinto
Di schietti allori, drizza pronto il piede,
E il cammin tien, che più impedito vede;