Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/81

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reso omai logoro dallo sfregamento sociale, del pari che quello tuttavia provveduto di tutta l’originaria elasticità.

Quando pensiamo avervi avuto fra le menti più altere, e più svincolate da ogni qual si sia genere di soggezione intellettuale, chi aspettava mattina e sera la morta cugina, e in questa affettuosa credenza le teneva sempre pronta ed in ordine, non che la seggiola, ma e la coperta alla mensa, e vegliava le lunghe notti d’inverno sviando il pensiero da’ calcoli, per traguardare dalla finestra se l’ospite desiderata giugnesse: o chi ripromettevasi dal fortuito colpire di un sasso in un tronco, o dallo sfallire quel segno, niente meno di un anticipato rivelamento de’proprii destini nella vita avvenire; che altro ne rimane a concludere, se non che tutto il colosso d’oro e di bronzo della nostra presunta sapienza ha per base pur sempre la creta onde fummo impastati, e ch’è la parte più propria e più genuina dell’esser nostro?

Fino dai primi tempi della nostra letteratura potremmo ravvisare, anche traverso le falsificazioni scolastiche, i vestigii della poesia popolare di cui parliamo. Potremmo trovarne gli esordii fino da quando la lingua volgare era tuttavia, non che bambina, rinvolta nelle fasce della latinità. Le rime assonanti, che disparvero dalla nostra lingua com’essa si andò a mano a mano appurando, furono a principio introdotte nel bar-