Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/82

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baro gergo di cui non ultima parte era il latino; e queste medesime rime continuarono ad essere adoperate nelle canzoni popolari di quanti sono i dialetti italiani. Appena però la lingua volgare ricevette politura e decoro, si vergognò di servire ai colloquii del trivio, e alle passioni ordinarie; e in mezzo a quella tanta copia benefica di appropriate parole e di frasi efficaci, trovi spesse volte scambiato il carattere di certe genti con quello di certe altre, intendesi sempre riguardo alla lingua e ai costrutti. Di che non può essere certamente accusato nella sua arguta semplicità il Novellino.

Era un obbligo che imponevano a sè stessi gli scrittori, a’ quali pure non mancava l’ingegno, di stimar parte della letteraria suppellettile nazionale que’ soli componimenti che ritraevano dell’antico gusto greco e latino. Un’antica ballata, o ballatetta come chiamavasi, adorna dei più cari fiori della poesia, che incomincia:

    »In un boschetto trovai pastorella,

e che mi astengo di riferire, perchè ristampata ad ogni ora nella raccolta delle poesie trecentistiche, ricopia fedelmente il ventesimo settimo degl’idillii di Teocrito che s’intitola: Il colloquio amoroso. Non credo che il poeta avesse in mira l’antico originale, ma forse la involontaria corrispondenza coll’idillio greco fu cagione alla