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il paradiso delle signore


— Per l’appunto, — esclamò la Marty — ci devo andare anch’io... Volevo comprare un vestito per Valentina.

Margherita prese la seggiola e la trascinò su le gambe di dietro, consunte a lungo andare da quell’uso. Dionisia non portava che i pochi metri di seta comprati dalla Desforges. Dovevan fare un vero viaggio, ora che i vestiti stavano al secondo piano, dall’altra parte dei magazzini.

S’avviarono per le gallerie piene di gente. Prima di tutte veniva Margherita, che si tirava dietro la seggiola come fosse una carrozzina, e adagio adagio faceva la strada alle altre. Fin dalla biancheria la Desforges cominciò a lamentarsi: bella invenzione quella dei bazar, dove, per comprare magari uno spillo, bisognava far due miglia! La Marty diceva che anche lei non ne poteva piú; ma non per questo si divertiva meno profondamente di quella fatica, di quel lento venirle meno le forze, in mezzo all’inesauribile tramestío delle merci.

Il Mouret l’aveva vinta e doma, con quella sua trovata; ogni sezione la costringeva a fermarsi. Si fermò da principio davanti ai corredi, tentata da certe camicie che Paolina riuscí ad appiccicarle; e Margherita fu cosí liberata dalla seggiola che toccò a Paolina con tutte le fatture. La Desforges avrebbe potuto tirar di lungo per lasciar andare avanti Dionisia; ma pareva godesse di sentirsela dietro, immobile e paziente, mentre ella si fermava a consigliare l’amica.

Dinanzi ai corredini pei bimbi le signore andarono in estasi, ma non comprarono nulla. Poi, la Marty non si contenne piú e comprò le une dopo le altre una vita di seta bianca, delle manopole di pelliccia date con ribasso, per via della


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