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stesse s’inzuppavano di malaga: dalla mattina non c’erano voluti meno di ottanta litri di sciroppo, cinquanta di vino. Dopo aver comprato il mantello, la Desforges s’era fatta dare alla cassa delle figurine; e se n’andava pensando come far venire Dionisia da lei per umiliarla in presenza del Mouret stesso, e nel loro aspetto scernere la verità. Finalmente mentre il De Boves riusciva a sperdersi nella folla con la Guibal, la De Boves, con Bianca e il Vallagnosc, aveva avuto il capriccio di chiedere un palloncino rosso benché non avesse comprato nulla. Faceva sempre cosí; a mani vuote non se ne voleva andare; l’avrebbe regalato al bambino del portinaio. Dei palloncini ne avevano già dati via piú di trentanovemila; e questi quarantamila palloncini, usciti dall’aria calda dei magazzini, volavano già come una nuvola rossa da un capo all’altro di Parigi levando al cielo il nome del Paradiso delle signore.

Sonaron le cinque. Soltanto la Marty era rimasta con la figliuola a mirar l’ultimo moto della vendita; né aveva la forza di staccarsene, sfinita, stracca, ma trattenuta da vincoli cosí forti che tornava sempre sui suoi passi, senza bisogno, tanto per portare attorno per le sezioni la curiosità insaziata. Era l’ora che la gente, eccitata dal baccano dei richiami in gloria del gran magazzino, si dava addirittura per vinta: i sessantamila franchi di avvisi pagati ai giornali, i diecimila cartelli affissi sui muri, i duecentomila cataloghi sparsi dappertutto, dopo aver votato le borse, lasciavano a quei nervi di donna il sussulto della ebrezza: e le donne restavano commosse ancora delle invenzioni del Mouret, i prezzi bassi, la resa, le galanterie infinite. La Marty


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