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zola


La sera, mentre Dionisia usciva da desinare, un garzone la chiamò:

— Signorina, vi vogliono alla Direzione.

S’era dimenticata l’ordine del Mouret, di passare nel suo studio dopo la vendita. Egli l’aspettava in piedi. Nell’entrare, Dionisia non si tirò dietro l’uscio, che restò aperto.

— Siam contenti di voi, signorina, e abbiamo pensato di attestarvelo in qualche modo... Sapete come la signora Frédéric ci abbia lasciati, e in che modo indecente. Fin da domani prenderete il posto di lei.

Dionisia stava a sentire, immobile dalla meraviglia. Poi mormorò con voce tremante:

— Ma ci sono di quelle innanzi a me, nella sezione!

— Che vuol dire? Voi siete la piú brava, la piú seria; e scelgo voi, è naturale... Siete contenta?

Allora ella arrossí; sentiva insieme una contentezza e un imbarazzo piacevole, in cui svaniva la paura di poco fa. Perché mai il suo primo pensiero era volato ai sospetti onde sarebbe accolto quell’insperato favore? Ma, per quanto grande fosse l’impeto della riconoscenza, quel pensiero la rendeva confusa. Il Mouret la guardava, sorridendo, vestita di seta semplice, senza un gioiello, senz’altro lusso che quello della regale chioma bionda. S’era fatta piú elegante; la pelle le si era schiarita; aveva l’aspetto serio e delicato. La sua inespressiva esilità di prima si era mutata in una grazia attraente, incantevole.


Lei è troppo buono, — balbettò — e non so come esprimerle...

Ma non poté seguitare. Nel vano dell’uscio il Lhomme si presentava tenendo nella sua unica


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