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uno che cercava di lei; era il Mignot, che aveva piantata la sua sezione per chiederle in prestito venti franchi. Gliene doveva dare di già trenta, che s’era fatti prestare da lei il giorno dopo le corse, perché aveva, purtroppo, perduto tutto il guadagno della settimana su un cavallo: questa volta s’era bell’e mangiato il guadagno intascato il giorno innanzi, e non gli restavano cinquanta centesimi per festeggiar la domenica. Clara non aveva che dieci franchi, e glieli prestò garbatamente: si misero quindi a discorrere, e parlarono d’una cenetta in sei, che avevano fatta in una trattoria di Bougival, dove le donne avevano pagato la parte loro; cosí eran piú contenti tutti.

Ma il Mignot aveva bisogno di altri dieci franchi, e andò a parlare in un orecchio al Lhomme; questi, frastornato nel suo lavoro, parve seccato: eppure non osò rifiutare, e cercava il denaro nel portamonete, quando la signora Aurelia, stupita di non sentir piú la voce di Margherita che aveva dovuto smettere anche lei, vide il Mignot e capí subito di che si trattava. Non c’era davvero bisogno che le venisse a distrarre le ragazze! E lo mandò via come un cane.

La verità era che aveva una gran paura di quel giovinotto, amico intimo del suo Alberto, il complice delle brutte storie ch’essa temeva andassero un giorno o l’altro a finir male. Per questo, quando il Mignot ebbe i dieci franchi e scappò, non poté trattenersi dal dire al marito:

— Come si fa a lasciarsi gabbare cosí?

— Ma, amor mio, io non potevo mica dirgli di no...

Lei alzò le spalle, e gli chiuse la bocca. Poi, vedendo che le ragazze, sotto sotto, se la godevano di quel battibecco, riprese severamente:


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