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il paradiso delle signore

appena le miserie umane lo sfioravano, quelle miserie di cui egli sogghignava, lo scettico vantatore s’accasciava e sanguinava. Era una vergogna trascinare cosí nel fango l’onore della famiglia! Pareva che dovesse cascare il mondo.

— Calmati! calmati — concluse il Mouret, un po’ commosso. — Non ti dirò piú che tutto ciò che accade è nulla, una volta che questo non pare ti consoli abbastanza, nel momento presente. Ma credo che tu dovresti andare ad offrire il braccio alla signora De Boves, e sarà molto meglio che fare uno scandalo... Diavol mai! tu che avevi la calma del disprezzo davanti alla furfanteria universale?

— Lo credo io! — esclamò ingenuamente il Vallagnosc — quando queste cose accadono agli altri!

S’era alzato, e fece come gli aveva consigliato l’amico. Tornavano appunto tutt’e due nella galleria, quando la De Boves uscí dallo studio del Bourdoncle. Essa accettò con maestà il braccio del genero; e il Mouret, nel farle un saluto cortesemente rispettoso, la sentí che diceva:

— Li ho costretti ben io ad accorgersi dell’errore! Davvero son cose spaventose! Non dovrebbero accadere!

Bianca li aveva raggiunti, e teneva lor dietro. Sparvero lentamente nella folla.

Allora il Mouret, solo e pensieroso, fece un altro giro per i magazzini. Quella scena l’aveva distratto dal combattimento che lo lacerava. La febbre gli cresceva costringendolo alla battaglia suprema. Il suo pensiero corse da una cosa all’altra: il furto di quella disgraziata, quell’ultima frenesia della clientela conquistata, domata ai piedi del tentatore, evocò l’immagine altera


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