Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/584

Da Wikisource.

zola

vellato del corpo con la divina metafisica della bellezza. Se avesse chiuso il magazzino, ci sarebbe stata una rivoluzione, il grido spaurito delle devote cui fossero tolti confessionale e altare. Nel loro lusso, che da dieci anni si faceva sempre maggiore, le vedeva, per quanto già fosse tardi, correre ancora su e giú per le scale e per i ponti. La Marty e la figliuola, in cima, vagavano tra i mobili, la Bourdelais, trattenuta dai bambini, non si poteva piú spiccicare dagli oggetti di Parigi. Poi veniva una schiera; la De Boves sempre a braccetto del Vallagnosc, che, con dietro la Bianca, si fermava ad ogni sezione osando guardare ancora le merci con aria superba. Ma fra tutta quella gente, in quel mare di donne ardenti di moto e desiderio, fiorite di mazzolini di viole come per le nozze d’una regina festeggiata dal popolo, non distinse piú alla fine che la Desforges. S’era fermata ai guanti, con la Guibal. Per quanto odiasse, essa pure comprava, e il Mouret si sentí ancora una volta dominatore: in quello sfolgorío della luce elettrica, egli le teneva ai suoi piedi, le donne, come una greggia da cui avesse munta ricchezza.

Sopra pensiero si mise a percorrere le gallerie, tanto assorto da non accorgersi delle spinte, tra la folla. Quando alzò gli occhi, era nella nuova sezione dei cappelli, che dava sulla Via Dieci Dicembre. Appoggiò la fronte ai cristalli, e si mise a guardare l’uscita. Il sole, che stava per nascondersi, tingeva di giallo la cima delle case; il cielo azzurro di quella giornata imbruniva, rinfrescato da un alito puro di vento: nel crepuscolo che già copriva la strada, le lampade elettriche del Paradiso delle signore gettavano quel raggio che han le stelle accese sull’orizzon-


582