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zola

rato a sé stesso di soffocare la sua passione, ed ora cedeva a un tratto, preso dalla vertigine delle altezze, tutto contento di fare ciò ch’egli credeva una sciocchezza. Da un momento all’altro, la sua risoluzione prese tal forza, ch’egli non vedeva altro che lei utile e necessaria, Dionisia.

La sera, dopo l’ultima tavolata, si mise ad aspettare nel suo studio. Commosso come un giovane che sta per sapere se sarà felice o no, non poteva star fermo; tornava di continuo all’uscio per ascoltare i rumori dei magazzini, dove i commessi, sommersi fino alle spalle nel disordine della vendita, riordinavano le merci. Ad ogni suono di passi gli batteva forte il cuore. E si precipitò, fuor di sé, quando sentí un rumore che a mano a mano s’avvicinava.

Era il Lhomme: veniva adagio adagio con l’incasso. Quel giorno era tanto pesante, a forza di rame e argento, che s’era dovuto fare accompagnare da due garzoni. Infatti, Giuseppe e un altro gli tenevano dietro, curvi sotto due sacchi, buttati sulle spalle come fossero pieni di gesso: egli veniva innanzi con i biglietti e l’oro, un portafoglio pieno di carta e due sacchetti sospesi al collo che lo tiravano a destra dalla parte del moncherino. Adagio adagio, ansando e sudando, veniva dal fondo dei magazzini in mezzo alla commozione sempre maggiore degli impiegati. Quelli dei guanti e delle sete si offersero, ridendo, di levargli un po’ del peso; quei delle stoffe e delle lane gli augurarono di cascare per terra e seminar l’oro per la sezione. Poi dovette salire una scala, traversare un ponte, salire dell’altro, sempre seguito dagli occhi dei commessi della biancheria, della merceria, delle maglie, che a bocca aperta miravano tanta ricchezza viaggian-


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