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il paradiso delle signore

te per aria. Al primo piano, quelle dei «vestiti », dei profumi, delle trine, s’eran tirate da parte come dinanzi al Santissimo. Il rumore cresceva, diveniva il clamore d’un popolo che saluta il Vitello d’oro.

Il Mouret, intanto, aveva aperto l’uscio. Il Lhomme comparve, con i due garzoni che non ne potevano piú; e, senza fiato, pur ebbe ancora la forza d’annunziare:

— Un milione, duecentoquarantasette franchi e novantacinque centesimi!

Era finalmente il milione, il milione fatto tutto in un giorno, che il Mouret aveva da tanti anni sognato. Ebbe invece un gesto di collera, e con l’impazienza d’uno che, mentre aspetta, è infastidito da un importuno, disse soltanto:

— Un milione! Ebbene, mettetelo lí.

Il Lhomme sapeva che gli piaceva vedere cosí sul banco i grossi incassi, prima che fossero deposti alla cassa centrale. Il milione copri il banco, schiacciò i mucchi dei fogli, mancò poco non rovesciasse il calamaio; e l’oro, l’argento, il rame, facevano un monte di danaro, caldo ancora e vivo, quale usciva dalle mani dei clienti.

Mentre il cassiere, scontento dell’indifferenza del padrone, se n’andava, entrò il Bourdoncle esclamando allegramente:

— L’abbiam raggiunto, eh!... L’abbiam preso il milione!

Ma si accorse che il Mouret era febbrilmente sopra pensiero, capí e si chetò. Gli occhi gli brillavano dalla contentezza. Dopo un po’ riprese:

— Vi siete risolto, non è vero? Dio mio! fate bene!


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